domenica 13 novembre 2011

Mantra e visualizzazioni

Ecco due termini che ho sempre guardato con diffidenza. Nella tradizione Zen in cui ho studiato l'enfasi è posto tutta sulla meditazione, lo shikantaza, e in seconda battuta sul samu, il lavoro comunitario, mentre la recitazione dei mantra o altre pratiche devozionali non sono prese in considerazione. Al quadro dei miei pregiudizi aggiungo anche un passato cattolico militante troppo infervorato, per cui ora rifuggo da tutte le pratiche che mi sembrano anche solo da lontano manipolatorie.
La prima volta che ho incontrato qualcosa di diverso è stato quando ho letto in un libro di Thich Nhat Hanh a proposito delle Gatha della Pace, le strofe che ha insegnato ai suoi allievi per praticare i vari momenti della loro vita quotidiana. Ne ho letto con curiosità, ma senza una reale intenzione di applicarle.
Ho cominciato a riconsiderare la questione un paio di mesi fa, al ritorno in ufficio dopo l'estate, in un momento di grande stanchezza. In più di un'occasione mi sono reso conto di essere pericolosamente distratto e ho cominciato a cercare un modo per evitare guai. Ho ripensato ripensato alle gatha di Nhat Hanh e ne ho costruita una su misura per me. Il sistema ha funzionato bene, non ho certo scoperto nulla di nuovo e lo sto applicando anche in altre situazioni con soddisfazione.
Da poco tempo sto iniziando ad indagare anche le visualizzazioni, tecnica molto cara tra le altre alla tradizioni tibetana, di cui non avevo nessuna esperienza. In questo caso non faccio riferimento a nessuna pratica in particolare, ma sto provando ad usare delle immagini interiori per capire meglio le mie sensazioni e gli stati emotivi.
Sono tecniche interessanti, che pian piano introduco nel quotidiano, insieme alla recitazione dei sutra e allo zazen. Mi fa anche piacere notare che nel tempo mi sono scrollato di dosso gran parte delle vecchie diffidenze che avevo verso le pratiche di altre tradizioni; tutto può essere utile purché riscoperto e vissuto in maniera consapevole.