mercoledì 16 settembre 2009

Faces atopico

In coda dal dermatologo. Dopo mesi di attesa forse riuscirò finalmente a risolvere un fastidioso (e antiestetico) problema alle unghie. Il dottore arriva con discreto ritardo, come un centauro in corsa, dovrebbe avere circa la mia età. Mi assale il dubbio - Sarà abbastanza bravo?
Finalmente mi riceve, la visita è molto rapida, si informa della terapia in corso, scuote la testa e capisco che si è già fatto la sua opinione; vorrei prolungare un po' la visita, giusto per essere sicuro che ci abbia pensato bene. Gli racconto delle circostanze in cui è avvenuto il trauma, mi ascolta un attimo e subito mi interrompe - "Il danno non è derivato dal trauma" - afferma deciso - "era già dentro di lei".

In un attimo sudo freddo, adesso ho anche troppa della sua attenzione.

"Scusi, cosa intende esattamente?" - gli chiedo esitando.

Mi guarda ancora meglio e comincia con una serie di domande preoccupanti.

"Ha problemi alla colonna vertebrale? Sente mai dei brividi alle gambe?"

"No"

"Allergie? Valori anomali nel sangue?" - e altre domande dello stesso, preoccupante, tenore.

"No" - insisto - "non ho nessun sintomo particolare negli ultimi mesi"

Adesso gli interesso per davvero, mi osserva gli occhi, mi scruta il viso e poi afferma sicuro - "Ecco la causa, lei ha un faces atopico".

Ho un cosa? penso tra me. Comincio ad avere paura - "Scusi, che cosa significa in italiano?" - lo so, non è una domanda brillante, ma lì per lì non mi è venuto di meglio.

"Da piccolo aveva fastidi incomprensibili? Non sopportava i vestiti? Passava lunghi periodi da solo? Ha avuto degli episodi schizofrenici? Come reagiva ad un pugno?" - e altro ancora. In un attimo questo medico, che non mi aveva mai visto prima, ha letto come un libro aperto episodi e sensazioni della mia prima infanzia, alcuni semplici, altri molto privati, che hanno segnato fortemente la mia crescita. Incuriosito dalle sue intuizioni quasi sciamaniche approfondisco alcune delle sue affermazioni e sono fulminato dalla precisione del me bambino che ha tracciato.

Termina la pausa e torniamo a parlare della terapia, mi spiega con pazienza tutto ciò che devo fare e mi assicura che in un mese recupereremo l'anno perso con farmaci inadatti, spero proprio che abbia ragione.

Prima di salutarlo mi complimento con lui per la sua acutezza - "Non è affatto difficile" - si schernisce - "il faces non sbaglia mai". Forse ha ragione lei dottore, ma solo per chi lo sa leggere.

Quanti segreti, che pensiamo siano sepolti profondamente dentro di noi, sono in realtà sul nostro viso, agli occhi di tutti, senza che ce ne rendiamo neppure conto?

E guardando tutto dall'altro lato, quanta parte del nostro complicato percorso di crescita, delle nostre paure, è dovuta a semplici disturbi, magari mai diagnosticati e sempre considerati normali?

Quanto poco sappiamo di noi stessi e del nostro corpo?

mercoledì 9 settembre 2009

Viva la libertà

Banner Roma

Io non sono né ateo, né razionalista, né agnostico, come può indovinare chiunque entri sul mio blog, ma voglio segnalare a tutti l'evento dell'UAAR del 19 settembre.

Lo faccio sia perché credo che assolutamente necessario ascoltare anche la loro voce, invece delle continue demonizzazioni che li circondano, sia perché concordo pienamente con le loro proposte concrete.

In bocca al lupo, amici dell'UAAR e non vi scoraggiate, un giorno il vento cambierà.

domenica 6 settembre 2009

Finalmente una battaglia

Per problemi familiari anche stasera dormo a casa dei miei suoceri, per sovergliare il loro sonno.
Ormai è tardi e tutti dormono, anche la televisione. Fa caldo, le zanzare sono al lavoro e come al solito non riesco a prendere sonno. Certo, se riprendessi in mano il librone che mi sono portato prima o poi crollerei, ma non è quello che voglio stasera.

Mi tormenta da giorni una domanda - Che forma sta prendendo la mia vita? - a volte mi sembra di essere quasi invisibile, celato sotto un velo di distacco, almeno per chi non mi conosce bene. Non posso più esitare, mi resta un solo modo per andare fino in fondo a quello che mi accade.

Aggiusto d'impulso la brandina, ammucchio alcuni cuscini, punto la sveglia a faccia in giù tra mezz'ora e mi siedo in zazen. Il caldo, i rumori, gli schiamazzi notturni dei ragazzi per strada, i sospiri soffocati dei malati, tutto si fonde dentro di me. Che meravigliosa battaglia con il coniglio che mi abita, si affaccia persino il mal di gambe, buon segno!
Suona la sveglia, il mondo riprende lentamente possesso dei miei passi, un controllo nelle stanze, tutto bene, recito un sutra, finalmente con il giusto spirito.
Dedico questo zazen e questo post a tutti i miei compagni di pratica, passati, presenti(?) e futuri; che possano sempre praticare con coraggio e determinazione.

Gassho

PS: mi accorgo solo ora che la pagina sul cui retro ho scritto di getto questo post contiene una frase dettata dal mio vecchio maestro: "Sediamo in zazen per creare quel silenzio e quella verità di cui la società ha bisogno." Grazie Kengaku, non mi molli mai

venerdì 4 settembre 2009

Non sarò mai uno scrittore

E dire che in angolino della mente ci avevo davvero sperato. Ho provato prima con dei racconti, poi una fiaba, alcune poesie e persino delle bozze di sceneggiatura, ma non c'è niente da fare.
Me ne sono reso conto ieri, sfogliando le Memorie di Adriano, sono troppo introspettivo e pignolo per dare davvero vita alle parole, il massimo che riesco a fare è curare queste note ed è già un piccolo successo.

Come forma creativa mi rimane la fotografia, anche se negli ultimi mesi le ho dedicato pochissima attenzione, ma credo di avere ancora qualche chance di realizzare qualcosa.

Del resto la natura delle nostre passioni è come quella delle bolle di sapone: nascono, crescono, volano libere per un breve tratto e infine scoppiano, magari su bel prato verde; poi rinascono finché c'è il sapone e la voglia di soffiare.